E’ lecito segnalare un posto di blocco e partecipare ad una Chat che rileva posti di blocco ed autovelox?
In passato si ricorreva al vecchio strumento dei lampeggianti mentre oggi, nell’era dei social, è molto frequente utilizzare app e chat di gruppo su “WhatsApp” e “Telegram” per segnalare i posti di blocco che impediscono alle Autorità di cogliere il guidatore di sorpresa.
Tali vicende in tutto il paese hanno dato vita a dei veri e propri casi giudiziari, i quali nonostante la sottoposizione al vaglio della Magistratura si sono conclusi con orientamenti non del tutto univoci.
Nello specifico, nei mesi precedenti, sono state sporte una serie di denunce per il reato di interruzione di un pubblico servizio, come rubricato all’art. 340 del codice penale, il quale recita che: “Chiunque cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità, è punito con la reclusione fino a un anno. Quando la condotta di cui al primo comma è posta in essere nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico, si applica la reclusione fino a due anni. I capi, promotori ed organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni ”.
A tal proposito sull’argomento giova richiamare due casi accaduti di recente: il primo, avvenuto a Genova, che vedeva coinvolti 49 ragazzi sottoposti ad indagine a causa dell’utilizzo di una chat di gruppo su WhatsApp creata con il solo intento di segnalare la presenza di pattuglie in prossimità; il secondo, verificatosi ad Agrigento, nel quale la polizia sorprendeva un gruppo di amici “conversare” all’interno di una chat sospetta che veniva dagli Agenti definita “un sistema utile a vanificare il buon esito del controllo del territorio” e, quindi, una vera e propria interruzione di un pubblico servizio.
Ebbene, sulla scorta degli eventi ivi riferiti a mero titolo esemplificativo, seppure l’atto di comunicare in tempo reale la posizione territoriale di un posto di blocco impedisce il corretto svolgimento dell’operato nonché delle funzioni che svolgono gli agenti di polizia, le diverse denunce sporte dagli stessi (e di cui danno notizia i numerosi quotidiani online) non hanno ad ogni modo comportato alcuna condanna per il conducente.
Difatti, secondo il Giudice per le Indagini Preliminari di Genova (vale a dire l’Autorità Giudicante del primo dei due casi sopra menzionati) non può considerarsi integrata alcuna interruzione o turbamento del pubblico servizio svolto dalla Polizia in ragione di un duplice elemento: il primo secondo il quale la chat di WhatsApp è da considerarsi “privata” e, dunque, chiusa; non può accedervi chiunque, sicché il pubblico servizio viene comunque svolto nei confronti di tutti gli altri automobilisti non iscritti al gruppo; in secondo luogo, alla chat di WhatsApp partecipa un esiguo numero di automobilisti rispetto all’effettivo numero di utenti della strada.
Proprio per tali ragioni non si considera integrata la fattispecie di reato prevista e punita dall’art. 340 del Codice Penale ma resta, tuttavia, integrato solo l’illecito stradale.
Cosa comporta, invece, la segnalazione di un autovelox?
Tale condotta non integra la commissione di un reato, bensì unicamente una sanzione disciplinata dall’Art. 45 del Codice della Strada, il quale punisce chi non rispetta il divieto di produzione, commercializzazione e uso di dispositivi che, direttamente o indirettamente, segnalano la presenza e consentono la localizzazione delle apposite apparecchiature di rilevamento di cui all’articolo 142, comma 6, utilizzate dagli organi di polizia stradale per il controllo delle violazioni. In tale ipotesi, ove il fatto non costituisca reato, si rischia la sanzione amministrativa da Euro 802 a 3.212.
E segnalare con i lampeggianti la presenza di una pattuglia della Polizia?
Segnalare con i lampeggianti la presenza di una pattuglia della polizia, dei carabinieri o di un qualsiasi posto di blocco al solo fine di avvisare gli automobilisti provenienti dal senso opposto di marcia della possibilità di un controllo, costituisce una semplice violazione del codice della strada e, dunque, un illecito amministrativo, ma non un reato. Quindi, chi viene colto a segnalare con i fari della propria autovettura un posto di blocco o un autovelox è soggetto ad una comune multa paragonabile a quella applicabile alla violazione dei limiti di velocità.
Difatti, è proprio lo stesso codice della strada ad individuare tutti i casi in cui è possibile usare i dispositivi luminosi (ossia i fari abbaglianti e anabbaglianti), escludendone l’impiego per tutto ciò che non è previsto dalla norma (come nell’ipotesi di cui trattasi).
Sul punto, preme evidenziare che l’ultimo comma dell’articolo 153 del codice stradale sancisce che chiunque usi “impropriamente i dispositivi di segnalazione luminosa è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 41 a euro 168”. Tra tali usi impropri deve ricomprendersi altresì la segnalazione della presenza del posto di blocco o di un autovelox.
Del resto, non può non ricordarsi che sono da considerarsi fuorilegge anche i navigatori satellitari e tutte quelle specifiche “App” che avvisano il conducente della possibile presenza di un autovelox.
Avv. Simone Troiano